L'angolo dello scrittore

Restare vivi alla fine dei tempi. Profeti e Profezie

Avvenire previsto con strumenti razionali o spirituali

_contributo di Roberto Vacca a Torino Spiritualità,, 1 Ottobre 2011.

“E’ molto difficile distinguere fra buoni profeti e falsi profeti. A mio parere i profeti sono tutti falsi. Non credo ai profeti, benché io appartenga a una stirpe di profeti.” – disse Primo Levi nel 1986.

I profeti avrebbero predetto l’avvenire. Dicevano che cosa succederà, ma non validavano i loro vaticini, desunti da certe fonti immateriali (spirituali?). “Hier es gibt kein Warum”[“Qui non ci sono perché”] – come disse a Primo Levi un SS che gli proibiva di dissetarsi con un ghiacciolo staccato da una finestra.

Proiezioni logico-sperimentali

Chi non accetta l’autorità dei profeti (che discuterò più oltre), preferisce di sondare i futuri possibili con metodi razionali. Quelli insegnati dalla scienza permettono di prevedere certi eventi con anticipo di secondi, minuti, ore (correnti che fluiscono in circuiti, moto di corpi nello spazio) o anche di anni, secoli, millenni (eclissi, posizione di pianeti e astronavi). Non consentono di prevedere eventi importanti (terremoti, guerre, apparire di nove e supernove).

È interessante cercare di prevedere l’avvenire socio-economico, tecnologico, scientifico. Talora la storia si ripete. È ragionevole attendersi vicende simili ad altre già viste e usare metodi di analisi già applicati con successo. Ad esempio le popolazioni biologiche e di oggetti tecnologici e le epidemie crescono prima lentamente, poi accelerano (e sembrano esponenziali), infine rallentano fino a cessare lo sviluppo. Quelle di fonti energetiche declinano se entrano in scena alternative più efficaci. Questi andamenti, sono descritti da equazioni di Volterra e da grafici a forma di S. Forniscono proiezioni accurate: spesso, ma non sempre. Gli approcci logico-sperimentali sono illuminanti, ma anche su di essi divampano controversie. E’ normale se si discute dell’avvenire di grandi sistemi dipendenti da numerose variabili.

I cicli di prosperità/miseria, analizzati dall’economista russo N. Kondratev negli anni Venti, esistono, ma hanno durata variabile. I modelli econometrici sono empirici. Vanno usati, ma è vitale monitorare gli sviluppi e rilevarne gli scostamenti della realtà. Sul breve termine, certi modelli consentono buone previsioni socio-economiche, ma anche i migliori di essi e anche le teorie fisiche approssimano la realtà in modo rozzo. In socio-economia le fonti sono affette da incertezze notevoli e i modelli sono meno accurati. È vitale la qualità dei dati. Non basta usare formule matematiche per pretendere di avere eseguito analisi scientifiche credibili. Se una teoria suggerisce conclusioni assurde: siamo sospettosi.

Scenari

L’ipotesi più semplice sull’avvenire è che le tendenze in corso continuino come in passato. Possiamo immaginare che dal presente si apra un ventaglio con sviluppi molto migliori, un po’ migliori oppure un po’ peggiori o molto peggiori che in passato. È raro che un singolo evento sconvolgente (cataclisma, guerra, crisi economica) abbia conseguenze vaste e durature. Anche senza calcoli possiamo immaginare la storia futura. Economisti e politologi provano a raccontarla in modi plausibili. Scrivono sceneggiature dell’avvenire come per un film: sono “scenari” (= “sceneggiatura” in inglese). Solo gli eventi futuri confermano o smentiscono uno scenario intuito. A priori gli esperti lo discutono cercando di accordarsi sulla sua ragionevolezza. Per immaginare uno scenario si considerano eventi probabili e rilevanti. Gli sviluppi socio-economici in corso già influenzano l’avvenire. Fra questi: debiti proliferanti, riduzioni di personale (downsizing), ricorso a sotto-fornitori esterni (outsourcing), privatizzazioni, innovazioni tecnologiche continue.

Molti cercano di arguire quale sarà il decorso della crisi finanziaria iniziata nel 2007. Nel 2010 taluno credette di ravvisare segnali di ripresa. Nel mio libro Patatrac – crisi: perché? Fino a quando? (Garzanti, 2009) analizzavo le cause della crisi, mostrando che l’entità dei danni emergenti, dei lucri cessanti e della disoccupazione stanno causando una depressione molto lunga. Banche, governi, istituti di statistica forniscono dati non sempre affidabili. Le formule degli economisti matematici per valutare rischi futuri non hanno funzionato e talora hanno contribuito ad aumentare i rischi. Non sappiamo fare previsioni accurate, ma è inevitabile provarci mirando a migliorare le cose.

Previsioni prescrittive

Chi sia autorevole o potente prova talora a dettare strategie che dovrebbero migliorare le situazioni attuali di nazioni o del pianeta. Però gli accordi internazionali di cooperazione (o le ipotesi di accordi non realizzati) non hanno creato finora programmi globali costruttivi. Questi dovrebbero evitare le crisi economiche, favorire lo sviluppo delle economie industriali e di quelle emergenti e salvare dal disastro i più sfavoriti fra i paesi in via di sviluppo. Il successo è improbabile se i piani per stimolare l’economia creando posti di lavoro, non identificano settori promettenti e non implicano programmi di formazione e addestramento. I piani di sviluppo per i paesi poveri, poi, non devono mirare solo a evitare carestie ed emergenze. Dovrebbero integrare tutti i settori di attività, dato che la prosperità proviene sempre meno da materie prime e prodotti tangibili e più da conoscenza. Certo hanno valore anche le risorse naturali (energetiche, agricole, minerali) del terzo mondo, ma fruttano solo se esistono risorse umane adeguate. Per svilupparle occorrono risorse economiche, di tecnica e scienza. Occorre innalzare i livelli professionali anche nei paesi avanzati e offrire cultura e tecnologie a miliardi di diseredati che vedono salvezza solo nell’emigrazione. La cultura va inventata, finanziata e diffusa, utilizzando la tecnologia della comunicazione e dell’informazione. Le reti sono un potente strumento che potrebbe far partecipare ogni essere umano alla rivoluzione della conoscenza. Però il loro uso non si insegna in modo adeguato nemmeno nelle scuole dei paesi ricchi. I leader dei Paesi avanzati dovrebbero raccogliere investimenti per creare ricchezza e formulare piani fra governi, aziende e organizzazioni non governative per disseminare cultura adeguata.

Sviluppo della scienza

La crescita della scienza, iniziata da migliaia di anni, attraversò periodi oscuri, ma da 4 secoli accelera e sembra che non rallenterà più. Alla fine del XIX secolo sembrava che la scienza avesse scoperto tutto. Era una macchina perfetta.  Bastava apportare piccole modifiche, stringere i dadi, lubrificare. Invece arrivarono: nel 1900 Hilbert con i 23 problemi matematici, Planck con i quanti. Poi Einstein nel 1905 con la relatività e 30 anni dopo Fermi con la fissione nucleare. Oggi continuano le scoperte epocali: meglio lasciare commenti e previsioni agli scienziati professionisti anche se spesso sono in disaccordo. Certi scienziati prendono strade sbagliate. Alcuni insultano chi li critica. Non basta dirsi scienziato per aver ragione. Cesare, non scienziato, sapeva che le maree sulla Manica erano causate dalla luna. Galileo, scienziato, scrisse 17 secoli dopo che quella credenza era una fanciullaggine e accennò a spiegazioni errate.

Nei primi anni Trenta Rutherford, premio Nobel e padre della fisica nucleare dichiarò: “Chi crede che la trasformazione dell’atomo fornirà energia, dice una stupidaggine.” P. Lenard, (Nobel per la fisica 1905, in Deutsche Physik (Fisica tedesca, 1936) scrisse: “La scienza, come tutto quel che gli uomini producono è condizionata dalla razza e dal sangue. La fisica ebrea di A. Einstein. Con la sua “relatività” mostra il suo netto contrasto con la realtà. Non pretende nemmeno di essere vera.” In URSS Lysenko negò le teorie di Darwin e Mendel. Seguì quella di Lamarck (ereditarietà dei tratti acquisiti) e rovinò l’agricoltura russa. Accusò i genetisti seri di essere controrivoluzionari e sei di loro sparirono in Siberia. È simile la posizione di chi oggi invoca costose misure per ridurre le emissioni di CO2 ed evitare il riscaldamento globale antropogenico. I modelli su cui si basano, non validabili: forniscono risultati illusori sul clima futuro. Il clima terrestre subisce forti variazioni per cause astronomiche e per effetto dei raggi cosmici, non dell’uso dell’energias da parte dell’uomo.

 È bene essere prudenti, ma non invocare un principio di precauzione estremo: “Se in conseguenza di attività o tecniche nuove si temono danni seri e irreversibili all’ambiente o alle persone, anche in mancanza di certezze scientifiche che identifichino rapporti causa-effetto, vanno prese misure precauzionali adeguate anche affrontando grossi costi economici.” Non è un principio. È una regola gratuita. Non dice chi o perchè debba temere danni, né quali misure vadano prese. Se l’avessero seguita Pasteur e Sabin, non avremmo i loro vaccini. Come evitare nuovi disastri? Gli scienziati si controllano a vicenda e hanno gli strumenti per controllare le situazioni rischiose. Devono affiancarli gli esperti in ingegneria dei rischi, specialità sorta con l’industria nucleare, che si applica a ogni grande impianto o impresa.

Paure ingiustificate e rischi trascurati

Le controversie fra scienziati talora durano anni. Per i mass media e per l’opinione pubblica è arduo capire chi abbia ragione, se c’è. Così per decenni o secoli si diffondono credenze gratuite fondate sull’improvvisata autorità di bravi, ma disinformati parlatori. Quando i loro messaggi drammatici predicono sciagure, si diffondono paure ingiustificate che ispirano misure inutili o dannose. Elenco le principali: discuterle prenderebbe troppo spazio.

  • Teoria di Malthus: la crescita esponenziale della popolazione condannerà alla fame la popolazione mondiale (dato che la produzione agricooa cresce linearmente)
  • Origine biogenica del petrolio che quindi si avvia all’esaurimento (la immaginò Lomonosov, la negò Mendeleev, la dimostrò falsa J. Kenney
  • esaurimento di altre risorse naturali: analizzata nei “Limiti dello Sviluppo”, ma non imminente
  • perdita della biodiversità (è scarsa: quelle forti avvennero 65 e 250 milioni di anni fa);
  • inquinamento ambientale diminuisce in vari Paesi, dunque è controllabile
  • danni causati da campi elettromagnetici (“elettrosmog”): esagerati – spesso inesistenti.

Invece vengono ignorati o sottostimati rischi ben più gravi:

  • scoppio 12.000 testate nucleari (per terrorismo, errore o reazione incontrollata a falsi allarmi;
  • incompetenza che porta a ingovernabilità grandi sistemi: tecnologici (il software di controllo non è trasparente) o sociali (il degrado culturale produce sprechi, instabilità, comportamenti tecnologici o economici he  errate
  • controllo sociale delle innovazioni, che sarebbe necessario, eseguito in modi casuali e controproducenti
  • individuali: uso eccessivo di cibo, alcol, fumo, droghe che causa mortalità per malattie cardiovascolari, cancro, etc.

 

Sviluppo tecnologico e culturale

Lo sviluppo e la diffusione di nuovi ritrovati tecnologici nei paesi ricchi sono rifiutati da alcuni e da molti utilizzati passivamente senza comprenderne il funzionamento, né il potenziale. Il raggiungimento di traguardi sempre più avanzati dalla tecnologia della comunicazione e dell’informazione ha suggerito che ci staremmo avviando verso una singolarità – “una situazione unica, mai vista, né immaginata, in cui il progresso sarà così rapido e il suo impatto così profondo che la civiltà umana intrecciata con quella delle macchine si trasformerà in modo irreversibile”. Così Ray Kurzweil vaticina successi della tecnologia (efficienza, rendimenti, prosperità, uniformemente accelerati) finchè le prestazioni dei computer realizzeranno intelligenza artificiale con impatti positivi sconvolgenti. Superata l’intelligenza umana, i computer si integrerebbero coi cervelli umani potenziandoli. È fantascienza, ma è probabile che l’innovazione acceleri ancora anche se i finanziamenti calano a causa della crisi. Aumenta intanto il divario fra alta tecnologia e livelli medi culturali della popolazione. La diffusione di macchine facili da usare, che eseguono processi non trasparenti, porta a usare i supercomputer per scopi banali. Gli utenti non acquisiscono idee, né concetti, non usano linguaggi avanzati, ma solo immagini. È vitale che, oltre alla tecnologia, si innovi la cultura. Va ottimizzata la qualità dell’insegnamento. I mass media vanno liberati dalla loro povertà di contenuti. Vanno create task force per il controllo di qualità della comunicazione. Così si crea un’opinione pubblica che controlli le politiche tecnologiche senza deleghe a esperti improvvisati e a campagne improntate a disinformazione.

Crescita della complessità

I grandi sistemi tecnologici, le strutture sociali, le aziende sono minacciati da disastri naturali, violenza e fragilità intrinseca dovuta a difetti di progetto e di gestione. Occorre – dopo il fatto – gestire le emergenze, ricostruire, ricuperare lo status quo. La complessità enorme e crescente rende difficile progettare la sicurezza nei sistemi prevedendo ogni condizione futura di funzionamento. Sarebbe vitale accettare e vincere questa sfida tecnica e teorica, ma non abbiamo soluzioni da manuale: occorre inventarle. Vanno integrati i progetti dei vari sistemi valutando i rischi di ciascuno e la loro trasmissione tra aree fisiche e settori. Vanno addestrati utenti e operatori a riconoscere emergenze impreviste e a reagire adeguatamente. Vanno ottimizzate le comunicazioni per ottenere monitoraggio e controllo intersistemico. Va reso trasparente il software di controllo onde distinguere se i guasti hanno origine nello hardware, nei canali di comunicazione o nel software. A tal fine va analizzata la storia di tutti i blackout, le crisi sistemiche, le emergenze dovute ad atti terroristici e vandalici. Su questa base vanno formulati scenari quantitativi dettagliati. Vanno sviluppati, analizzati e validati modelli matematici dell’interdipendenza fra sistemi e della proliferazione di guasti, emergenze e interruzioni dei servizi. E’ compito arduo: alcune variabili non sono note o si presentano in modo casuale. I meccanismi possono essere arguiti, non calcolati.

Va creata una rete internazionale di esperti che integri competenze e approcci per aumentare sicurezza e resilienza dei sistemi e delle infrastrutture complesse. Vanno realizzate fertilizzazioni incrociate fra discipline in un programma di ricerca e sviluppo cui partecipino Stati Uniti, Europa, comunità scientifiche e tecniche Orientali. Questi interventi sono più urgenti n Italia ove gli investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo sono cronicamente minimi.

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Quanto precede non è un elenco di profezie, ma di proiezioni ragionevoli basate su analisi di grandi tendenze passate e presenti e su valutazioni di procedure di previsione disponibili.

Torniamo ora al tema “Profeti e Profezie”, interessante solo per chi coltivi la storia delle religioni, e rilegga le leggende greco-romane di aruspici e sibille. Però per i cattolici è articolo di fede che i profeti esistano. Il Credo Niceno-Costantinopolitano recita: “E (credo) in un Signore Spirito Santo e vivificante che procede dal Padre e dal Figlio, che insieme con il Padre e con il figlio è adorato e  glorificato, che ha parlato attraverso i profeti”

La dottrina su profeti e profezie è illustrata da Tommaso d’Aquino (Summa, 2-2, 171 e segg.): le profezie sono rivelazioni provenienti da Dio, onnipotente e onnisciente, dunque non possono essere false. Le profezie sono ispirazioni divine che danno a un uomo conoscenza di eventi futuri o di eventi presenti e passati che gli erano ignoti. Il profeta, ricevuta la rivelazione, deve comunicarla ad altri e poi deve compiere un miracolo per confermarla. Possono essere trasmesse in sei modi: estasi, visioni, sogni, voci dal cielo, parabole e influsso dello Spirito Santo – con angeli che fungono da intermediari.

Le tradizioni religiose si propongono come depositarie di principi spirituali superiori. E’ curioso che quasi tutte incorporino prescrizioni per certi comportamenti relativi a oggetti o attività materiali. Fra queste: diete, attività sessuali, tipo di vestiti (che nascondano certe parti del corpo), modo di disporre di salme umane, frequenza ai templi, pellegrinaggi, ripetizione di certe preghiere e giaculatorie), proibizione di pronunciare certe parole. Quello spiritualismo è, dunque, largamente materialista. È peculiare l’enumerazione che Tommaso d’Aquino propone per gli spiriti: aria, corpi dei beati, anime dei beati, virtù immaginativa, menti, Dio.

Certi rozzi materialisti sostenevano che le sole cose che esistono sono oggetti materiali che si vedono, si toccano, hanno peso. Avevano torto: non si vedono, nè si toccano i campi elettromagnetici e le radiazioni nucleari: eppure si misurano, hanno effetti. Chiedo: esistono spiriti non aventi parti materiali (come Dio, che è puro spirito, o come gli angeli che hanno totalmente natura intellettuale, non materiale), che percepiscono, pensano, ricordano, agiscono?

Leonardo da Vinci scrisse che i suoni sono vibrazioni dell’aria prodotti da movimenti di oggetti materiali: dunque, gli spiriti (incluse le anime dei morti) se sono immateriali, non producono suoni, nè voci. Non possono trasmettere quello che non hanno. Il ragionamento di Leonardo vale non solo per suoni e parole, ma anche per ragionamenti, memoria, linguaggio articolato, logica, capacità di formulare teorie e previsioni. Queste abilità, o manifestazioni spirituali sono possibili solo a cervelli che abbiano varie centinaia di miliardi di neuroni. Altre prestazioni, come calcoli matematici e logici, elaborazione e ordinamento di dati, riconoscimento di configurazioni sono notoriamente offerte da circuiti booleani. Non sono fruibili, se non si hanno componenti attive, meccaniche, elettroniche, pneumatiche –  certo costituite da elementi materiali.

I valori spirituali sono superiori (più elevati o nobili) dei valori materiali? A questa domanda è arduo rispondere senza definire cosa siano questi valori. I pareri sono discordi. Certi buddisti dicono che la coscienza di noi stessi conduce a vedere le cose come sono realmente. Il catechismo di Pio X (1912 – più stringato di quello del 1992) dice che Dio – purissimo spirito – è creatore, onnipotente, onnisciente.

Io propongo un diverso primato dello spirito. Le espressioni spirituali sono: discorsi, idee, concetti, piani, progetti, teorie, previsioni, racconti, leggende, poesie, musiche, immagini dipinte o scolpite – solo da esseri umani. Il biologo Richard Dawkins le chiama “memi” (ho preso la parola MEMI come titolo del mio ultimo libro, disponibile su iPad). Non li producono gli animali che non hanno una corteccia cerebrale sviluppata come la nostra – anche se sono “placidi e contenuti” come diceva Walt Whitman. Le espressioni spirituali intese come memi si possono valutare in base al buon senso educato, alla logica e all’esperienza. Sono più complesse, più armoniose, più utili quelle prodotte da umani che hanno avuto più esperienze e più contatti con altri umani evoluti. Io ritengo che siano importanti i processi spirituali che servono a capire la natura, il mondo. E’ profonda la comprensione che spieghi i meccanismi, le relazioni da causa a effetto, la genesi, l’evoluzione del mondo e del pensiero. Sono gratuite e insignificanti le intuizioni sacre, esoteriche, rivelate. Chi conosce passato e presente può prevedere eventi futuri e provare a modificare il mondo. Non è facile. Chi lavora ad acquisire queste abilità, fatica tanto che non si sente più inclinato a soddisfazioni materiali, banali e ripetitive, specie se danneggiano gli altri.Si libera dalla paura perchè capisce quali siano i rischi veri, come si evitino, come convenga accettare le avversità inevitabili. Sarà più libero – come diceva Spinoza: L’uomo libero, che vive secondo il solo dettame della ragione, non è mosso dalla paura della morte, ma tende direttamente al bene e la sua sapienza è meditazione di vita.

Chi condivide questi punti di vista raggiunge anche l’immortalità nel senso indicato da Orazio che scrisse delle sue poesie: Ho costruito un monumento più durevole del bronzo. Non dobbiamo identificarci con il nostro corpo, ma con le idee, le parole, le opere che produciamo. Saremo vivi fin quando questi memi navigheranno e saranno ricordati o presi ad esempio da altri umani. E’ l’oblio che uccide – e copre subito le persone che non pensano. L’assenza di pensiero ci costringe in ambiti materiali. Rischia di condurre alla malvagità. È questa una visione laica?

Rifiutiamo l’appellativo “laico

I nomi non sono conseguenza delle cose, ma talora offuscano la comprensione di cose, situazioni, processi a cui si applicano. Accade con l’appellativo di “laico”. Suggerisco di non usarlo. Derivò nel Medioevo dal greco “laikòs” – del popolo (laòs) contrapposto ai chierici che hanno da Dio eredità (greco “kleròs”, sorte), quindi, privilegi e autorità e sfoggiano con la tonsura il loro stato. Io non voglio esser chiamato laico nel senso di non chierico. Non riconosco privilegi, nè superiorità ai chierici. Le loro classificazioni non mi riguardano: La religione è cosa loro. e la considero con B Russell “falsa e dannosa” dunque incompatibile con la ragione e con il pensiero di chi vuol capire la realtà.

Chiamiamoci, dunque, “normali”. Io non mi chiamo ateo: l’alfa privativo indicherebbe che mi manca qualcosa, mentre chi crede in un Dio creatore si carica di una sovrastruttura inutile. Non mi chiamo agnostico – uno che non sa. So parecchie cose e continuo a impararne, ma non pretendo di conoscere oggetti inesistenti. Posso chiamarmi “gentile”: appartengo a un’altra gens, a un’altra tribù, non a quelle dei monoteisti.

La questione centrale è culturale. I dibattiti attuali trattano di: fede in Dio o ricerca di Dio, di spiritualismo, sua definizione e status. Questa è l’arena in cui combatto.

Religioni: inconciliabili con la ragione – insensato farne graduatorie

Nella Seconda Guerra Mondiale gli Alleati combatterono anche per la libertà di religione (oltre che di parola, dalla paura e dal bisogno). In Italia sono apparentemente libere tutte le religioni (anche se si tenta di rendere più libera – da certe imposte – quella cattolica). Non appare libera quella ellenico-romana che fu codificata da Numa Pompilio legando insieme le credenze popolari meno assurde e classificando come superstitio le assurdità che avanzavano. Oggi la superstizione è rappresentata da sensitivi, astrologi, oroscopari: certe persone sedicenti colte non la trovano nemmeno ridicola. Sarebbe considerato ridicolo riesumare la religione di Jupiter e Juno, di Mars e Venus. Certo contiene elementi assurdi come quella di Mitra che si diceva fosse nato in una grotta dalla vergine Anahita (ingravidata dal dio Ariman), che dava comunione di pane e vino, fu crocifisso a un albero, morì e risorse Queste tradizioni sono state incorporate nella fede cristiana insieme ad altre credenze, poi assunte come dogmi. La convergenza di fede cristiana e ragione appare assurda se i credenti continuino a dire con Agostino da Tagasta e con Anselmo d’Aosta: “Credo ut intelligam, non intelligo ut credam“. Questa posizione nega l’approccio logico-sperimentale (di Galileo, Newton, dei fisici e logici moderni) e sfocia nel proverbiale “Credo quia absurdum” – negazione di ogni razionalità. È bene ammettere proposizioni apparentemente assurde solo in elettrodinamica quantistica. Non è assurdo che un effetto si verifichi prima della sua causa, se questa ipotesi permette di prevedere i risultati di esperimenti con la precisione di una parte su 100 miliardi

Abbiamo fatto molti passi indietro rispetto all’editto di Flavio Claudio Giuliano del 4 febbraio 362 (1115 a.U.c.) dopo il quale la religione cristiana non era più quella forzosa dello Stato, né era esentata dal pagare le tasse. E Giuliano si impegnava a non perseguitare nessuno a causa della sua fede.

Noi che apparteniamo alla grande moltitudine dei non credenti (come diceva Luigi Luzzatti) non siamo interessati a conciliare fede e ragione. Richiamiamo i ragionamenti di grandi pensatori. Basterebbe citare Kant: le sue dimostrazioni dell’insussistenza delle prove fisico-teologica, ontologica e cosmologica dell’esistenza di Dio sono rigorose, ma ardue da seguire.

Ingerenze

Gli Stati si fondano ancora su codici antichi che non sono sacri, nè perfetti. Come scrisse Beccaria: “Alcuni avanzi di leggi di un antico popolo conquistatore, fatte compilare da un principe che dodici secoli fa regnava in Costantinopoli, frammischiate coi riti longobardi e involte in farraginosi volumi di privati e oscuri interpreti, formano quella tradizione di opinioni che da una gran parte di Europa ha ancora nome di leggi. È cosa funesta che a queste leggi – uno scolo dei secoli più barbari – obbediscano coloro che tremando dovrebbero reggere le vite e le fortune degli uomini.”

Le leggi degli Stati hanno difetti e inadeguatezze. Queste crescono man mano che cambiano: tecnologia, società, comune senso del giusto, del pudore e della correttezza politica. Non ha senso, poi, sovraimporre a costituzioni, codici e giurisprudenza altre fonti del diritto. Tentano di farlo i vescovi italiani e J. Ratzinger ha fornito loro un fondamento “Nulla est potestas nisi a Deo” che risale a una lettera scritta da Paolo di Tarso (Romani, XIII, 1) nel I secolo. E’ curiosa la pretesa che questi princìpi antiquati e gratuiti siano accettati dallo Stato italiano la cui Costituzione stabilisce che “lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ambito, indipendenti e sovrani”. Li accettino i cittadini che seguono riti e insegnamenti cattolici. Certo non riguardano i cittadini che non credono in Dio e condividono il parere del cosmologo Pierre-Simon de Laplace. Napoleone gli chiese perchè non parlasse di Dio nella sua Mécanique Céleste. Rispose: “Non ho avuto bisogno di questa ipotesi.”

Incongruenze

Sono ingiustificate e inopportune le ingerenze cattoliche anche perchè i principi che vorrebbero imporre sono incoerenti. Le incongruenze delle credenze giudaico-cristiane sono troppo note per essere elencate in dettaglio. La Bibbia, considerata scrittura sacra, già nel suo secondo libro (Esodo), considera normale la schiavitù. Se un padrone percuote uno schiavo e lo uccide è colpevole, ma se lo schiavo sopravvive per un paio di giorni, il padrone non ha colpa perchè lo schiavo è “pecunia sua” – come “pecus”: un animale. I sacrifici umani proibiti dal Senato Romano nel 97 a.C. (657 a.U.c.) sono ammessi dalla Bibbia (Iefte sacrificò la figlia perchè aveva promesso a Dio che avrebbe ucciso la prima persona che incontrava, se gli avesse fatto vincere una battaglia). Dopo le tante esortazioni alla mitezza, Cristo avrebbe detto “non pensate che sia venuto a portare pace in terra … sono venuto a portare la spada, a mettere i figli contro i padri, le figlie contro le madri, le nuore contro le suocere” (Matteo, X, 34,35). E’ più grave che nei messaggi cristiani non si menzioni mai l’intelligenza. Si loda il Padre perchè ha nascosto cose ai sapienti e le ha rivelate ai bambini (Matteo, XI, 24).

Quando questi messaggi e principi non sono vaghi, sono contraddittori o incivili. Se sono precisi, ma scomodi, sono disattesi dalle gerarchie. Matteo XIX:21 dice: “Se vuoi essere perfetto, vendi quel che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo.” Ma in Vaticano sono conservate notevoli quantità di oro che non nessuno ha venduto per dare il ricavato ai poveri. Al contrario la Chiesa non dà a Cesare quello che gli spetta. Tiene molto all’esenzione dall’ICI.

Taluno sostiene di aver dimostrato che Cristo storicamente non è esistito. Certo le fonti sono scarse, confuse, prive di conferme incrociate e di documenti contemporanei. Che sia esistito o no è irrilevante. Più rilevanti sono la debolezza dei contenuti, la vaghezza o l’incongruità dei messaggi cristiani. L’irrilevanza della esistenza storica di Cristo suggerisce il confronto con Nicholas Bourbaki che da 70 anni produce teorie, teoremi matematici, studi illuminanti e rilevanti, ma non è mai esistito fisicamente. Nel 1935 fu preso come pseudonimo collettivo da un gruppo di matematici (fra cui: Delsarte, de Possel, S. Mandelbrot, Weil).

Incorporiamo nella cultura questo spiritualismo. Escludiamo il materialismo mascherato.

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Difendere libertà e ragione

E’ triste: 2 secoli dopo la dichiarazione dei Droits de l’Homme e mezzo secolo dopo le 4 libertà di Roosevelt e la dichiarazione dell’ONU, ancora tocca combattere per la libertà di parola e di religione. Alcuni vogliono censura su Internet. Altri rivalutano le figure degli oscurantisti. Molti cercano di imporre le verità assolute di chiese o scuole di pensiero in cui spesso il pensiero è assente.

Gli oppositori della libertà gabellano le loro fedi come superiori e spirituali e sostengono che siamo materialisti. Al contrario: le ortodossìe di ogni tipo non vedono che l’espressione più elevata dello spirito si manifesta se uno di noi capisce cose nuove, interpreta il mondo (fisico, ideale della matematica, l’arte, la psiche stessa), riesce a spiegarle agli altri, non quando ripete giaculatorie. Chi ripete formule somiglia ai buddisti che scrivono preghiere su una striscia di carta e la ruotano su un girello: ogni giro vale per una ripetizione.

In una società civile, le idee circolano liberamente, le scuole sono tante e stimolanti, la qualità dell’insegnamento è preparata e controllata, le invenzioni sono accolte con favore. I casi dubbi si dirimono con esperimenti che ci avvicinano alla realtà. Innovazioni e riforme si tentano con l’ingegneria sociale pragmatica – non si ricorre all’autorità di chi sostiene di detenere ogni verità.

Parlando di attentati alla libertà si pensa agli stalinisti, che falsificavano la storia a ogni passo, o ai nazisti che bruciavano i libri in piazza. Non sono stati i soli. I preti spagnoli nel XVI secolo hanno bruciato tutti i codici Maya, meno tre.

Clemente XIII nella sua enciclica sulla proscrizione dei libri nocivi (1766) afferma che “si deve lottare accanitamente … con tutte le forze, al fine di estirpare la mortifera peste dei libri”. Nel 1832 papa Gregorio XVI, nell’enciclica “Mirari vos” (15/8/1832) cita “quella pessima, né mai abbastanza esecrata ed aborrita “libertà della stampa” nel divulgare scritti di qualunque genere; libertà che taluni osano invocare” – e più oltre: “Da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismo scaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato.”

L’articolo LXXIX del Sillabo di Pio IX dice “la libertà civile di qualsivoglia culto, e similmente l’ampia facoltà a tutti concessa di manifestare qualunque opinione e qualsiasi pensiero palesemente ed in pubblico, conduce a corrompere più facilmente i costumi e gli animi dei popoli”.

Per sdoganare fascisti e comunisti si è chiesto che ripudiassero i loro gravi errori passati. Per essere sdoganati, i cattolici dovrebbero ripudiare queste enormità e accettare che “la ragione umana è l’unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male”. Se continuano a negarlo, consideriamoli con rispettoso distacco: non prendiamoli sul serio.